BORGOMANERO-30-09-17- “In quegli anni facevo uso di eroina e cocaina. Andavo quasi tutti i giorni a comprarla nei boschi intorno a Borgomanero, ma lui (indicando l’imputato, ndr) l’ho visto una volta sola e non so cosa facesse in quel posto, se era un venditore o un acquirente”. Ancora testi per l’accusa al processo che vede sul banco degli imputati un ventenne di nazionalità marocchina, arrestato nel febbraio dell’anno scorso insieme ad altri tre connazionali (già usciti di scena con rito abbreviato e condannati, nel luglio del 2016, a pene comprese tra sette e quattro anni), dopo lunghe e complesse indagini, avviate a maggio del 2015, dai carabinieri di Arona che, sulla scorta di alcune “informazioni” sull’esistenza di una sorta di market della droga a cielo aperto, e sulla base di servizi di pedinamenti e osservazioni, prima, di intercettazioni poi, avevano portato alla luce un giro di spaccio di cocaina, eroina, hashish e marijuana, che avveniva per lo più di notte, nel folto dei boschi tra Gozzano, Borgomanero, Boca, Cavallirio, Fontaneto d’Agogna, fino a San Maurizio d’Opaglio passando per Cavaglio e Prato Sesia. L’operazione culminò a febbraio del 2016 quando furono arrestate quattro persone mentre una ventina furono indagate, quasi tutti provenienti dalla vicina Lombardia che, secondo l’accusa, avevano trovato nella zona dei boschi del medio novarese una buona piazza per lo spaccio. “Nei boschi - ha aggiunto il testimone - c’erano altre persone, non so come si chiamassero realmente perché usavano dei nomi di fantasia e spesso dei soprannomi”. Versione questa che era stata confermata davanti ai giudici anche nell’udienza di giugno da un altro teste che aveva spiegato anche le modalità con le quali la droga veniva “prenotata” e poi acquistata. “Ogni giorno chiamavo e mi venivano date le informazioni circa il posto, di solito una zona boschiva, dove dovevo andare per ritirare la roba. Lui (indicando l’imputato, ndr) l’ho visto qualche volta; ma i contatti telefonici li avevo con altri, lui era solo la persona che mi consegnava la droga”. “Quelli che spacciavano nei boschi della zona di Borgomanero erano una costola che si era staccata dagli altri che operavano su Milano - aveva riferito in aula uno dei carabinieri che condussero le indagini - Appurammo che quattro ragazzi marocchini, tra cui l’imputato, erano ospitati in una casa a Borgomanero”. Si spostavano rapidamente protetti dal buio e contattati dai clienti davano precise istruzioni su come raggiungere il posto che, di volta in volta, sceglievano per l’appuntamento. Luoghi spesso difficili da raggiungere, lontani da occhi indiscreti e, soprattutto, da strade di passaggio. I carabinieri avevano seguito pazientemente i loro spostamenti per mesi poi, raccolte sufficienti informazioni, avevano proceduto agli arresti.